Questo mese, PonteVia! ha varcato la soglia della John Cabot University per andare all’incontro di Antonella Salvatore, la direttrice del “Career Services Center” e del Centro per l’Alta formazione della famosa università americana, ubicata sulle sponde del Tevere, dove sono rappresentate 70 nazioni! Divenuta insegnante, questa professionista del marketing e del commercio internazionale, intrattiene delle relazioni con più di 500 aziende, con lo scopo di favorire l’inserimento professionale dei giovani laureati della JCU.

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La prima domanda riguarda il suo percorso personale : da quando lavora con la JCU e quali sono stati gli stimoli o le circostanze che l’hanno portata a diventare la direttrice di questo Centro per l’alta formazione e l’avviamento della carriera ?

Io lavoro da JCU da 8 anni – a gennaio 2018, saranno 8 anni. Ho una laurea in  Economia e commercio, un MBA e diploma in gestione delle risorse umane; Prima di arrivare alla JCU, ero direttore retail per i mercati esteri, quindi seguivo l’apertura di filiali all’estero, la gestione di personale all’estero, gli accordi di distribuzione su mercati stranieri. Un bel giorno, stanca di lavorare in azienda, ho deciso di contattare alcune università par portare in classe l’esperienza dei mercati esteri. Quindi ho iniziato in JCU insegnando marketing internazionale per il primo anno. Dopo un anno, si è aperta la vacancy del Career Services, cioé del ufficio che segue le aziende, e allora, mi hanno chiesto se volevo partecipare al concorso interno. E quindi ho partecipato e sono stata scelta come direttore del Career services. Da li abbiamo pensato, dopo un anno, un anno e mezzo, di affiancare all’avviamento alla carriera, quindi alla aziende, al lavoro, al placement, a quanto altro, anche dei percorsi formativi per ragazzi laureati, non solo della JCU ma delle università italiane. E cosi è nata anche l’Alta formazione.
E una cosa naturale pensare al lavoro subito dopo la laurea, ma purtroppo, non accade cosi spesso. Molti ragazzi – d’altronde l’Italia, non lo possiamo dimenticare, ha ancora un alto tasso di disoccupazione giovanile – fanno fatica e lo dicono i media  ogni giorno. Noi come universita’ abbiamo questo centro di Career Services, che esiste dagli anni 90 ma che ha avuto un’esplosione negli ultimi 5, 6 anni. Siamo passati da 60 aziende ed organizzazioni nel 2011 a 530 circa oggi.

Avete fatto un bel lavoro per creare tutti questi legami con le aziende! E molto importante, perché l’azienda (o l’organizzazione), rimane comunque lo scopo di casi tutti gli studenti dopo l’università. Per cio’ è vero che l’università dovrebbe anche preoccuparsi del “dopo”

Bisogna anche pensare che le famiglie, in fondo, cercano che cosa ? La qualità d‘education, dell’istruzione dei propri figli, ma anche, pensano al futuro dei propri figli. Se si da solo una qualità d’education, pero non hai un collegamento con il mondo esterno… C’è quel passaggio, che noi diciamo che è sempre un passaggio molto delicato, quello da studente a professionista.

Manca un anello nella catena – il famoso “anello mancante” !

Si, di fare, di creare un ponte, una catena tra i due mondi.

 

Cosa le da più soddisfazione nel suo lavoro ?

Sicuramente, ci da’ tanta soddisfazione aiutare i ragazzi o quando vediamo che hanno trovato un’occupazione o ancora meglio, quando tornano qui, dopo qualche anno, per fare un colloquio ad altri ragazzi. Abbiamo avuto una Career Fair a novembre, nella quale sono venute i datori di lavoro a fare colloqui ai ragazzi e 3 o 4 di loro, in realtà, fino a due o tre anni fa, erano studenti qua. Ora, sono dall’altra parte della scrivania ad offrire posizioni di lavoro ai ragazzi. E’ molto bello, perché è un ciclo virtuoso che si va a creare, una dinamica di networking pulito, sano e bello.

La collaborazione della JCU con le aziende vi da una posizione d’osservatore privilegiato: mi potrebbe dire quali sono adesso i profili più ricercati, richiesti da queste dite?

Innanzi tutto collaboriamo con aziende di ogni tipo, di qualsiasi industria, campo. Andiamo dalla start-up alla multinazionale, all’organismo internazionale e copriamo trasversalmente tutti i campi. Quindi si va dalle banche alle agenzie di comunicazione, ai musei, alle gallerie d’arte pubbliche o private. Questo perché ? Perché comunque, noi offriamo education in tutti i campi e quindi è giusto aiutare i ragazzi in ogni campo. Vedendo le posizione, se guardiamo al 2017, noi abbiamo avuto un’altissima richiesta di ragazzi in ambito comunicazione e marketing. Abbiamo avuto molte richieste in ambito risorse umane ed organizzazione, anche per la consulenza, economía – sempre per quanto riguarda la consulenza. E poi, molte richieste – sembrera’ stranno – anche di ragazzi provenienti da studi umanistici o classici. Perché da una parte è vero che si richiedono skills tecniche digitali, pero dall’altra è anche vero che la capacità di avere un pensiero critico, di sapere comunicare, di sapere interagire, di sapere anche costruire le relazioni è qualcosa che le aziende, oggi, ricercano molto. Sopratutto nei giovani che non hanno ancora delle skills tecniche molto formate.

Le soft skills, interessano anche le aziende, forse per pareggiare una cultura tecnica ogni volta più presente invadente ?

Le aziende partono anche dal principio per cui è importante capire una personalità, è importante capire l’attitudine, anche la capacità di problem solving che la persona puo’ avere, perché le skills tecniche le puoi sempre trasferire. Mentre è estremamente difficile cambiare la personalità, le attitudine o comportamenti.

Che tipo di tendenze ha potuto osservare riguardando l’andamento del mercato del lavoro, in questi 2 o 3 ultimi anni o più recentemente?   

Sicuramente, come dicevo, la comunicazione, ed in particolare la digitalizzazione è importante perché il nostro paese è indietro. Quindi tutte le imprese di questo paese stanno vedendo la necessità di adeguarsi. E per questo, ovviamente, ricercano ragazzi che hanno questo tipo di skills. Un altro aspetto importante è che l’Italia è indietro sull’inglese e quindi, molti arrivano da noi perché i nostri ragazzi parlano molto bene l’inglese. Sembrerà un fatto strano – forse non è strano in Europa –, ma in Italia è un problema che tantissimi ragazzi ancora non sanno parlare l’inglese. Mentre il fatto che da noi, alla JCU, si studia in lingua inglese, sicuramente, questo da’ un vantaggio competitivo ai nostri giovani.

Vedo anche l’attitudine alla risoluzione dei casi pratici. Noi, sia nelle lauree che nell’alta formazione, molto spesso gli esami sono anche la risoluzione di casi aziendali o di problemi veri. Spesso, abbiamo le aziende in aula che portano un problema. Quel problema diventa l’esame per i ragazzi e i ragazzi lavorano su quello, sotto la supervisione di un professore. Quindi, anche questo cercano le aziende, la capacità di risolvere, di avere un mondo universitario accademico ma legato comunque con un occhio all’industria, a quello che accade. Quindi i ragazzi non studiano solo le teorie, i concetti, ma le sanno applicare su un caso vero. Questo, credo che sia un altro aspetto che le aziende ricercano.

Per finire, potrebbe darci qualche consiglio per aiutare i nostri soci che cercano ad inserirsi sul mercato del lavoro a Roma ? Come e cosa fare per avvicinarsi delle aziende un in modo più efficace ?

Ho l’abitudine di gestire i ragazzi, ed a PonteVia! ci sono sicuramente dei professionisti, delle persone che hanno il loro background… Penso che la comunità di PonteVia! ha un vantaggio competitivo che è quello della lingua. E qui, c’è un mondo che sta arrivando per il turismo, che è in crescita per quelli che provengono dai paesi di lingua francese. Dico qualcosa che probabilmente è abbastanza ovvio pero’ ho notato una crescita, forse a causa di quello che è accaduto in Francia recentemente, negli ultimi anni. Per cui, moltissimi più turisti arrivano. Penso anche che nel campo hospitality, potrebbe essere un mondo che interessa la comunità di PonteVia! Poi, penso anche che la capacità di conoscere le culture sia una dote molto spendibile all’interno delle organizzazione e delle aziende. Quindi tornando al consiglio, probabilmente, il consiglio che darei, è quello si da a un candidato : il candidato deve fare la propria “S.W.O.T. analysis” (ndlr : S = Strengths; W = weaknesses; O = opportunities; T = Threats) quando va a proporsi. E deve anche capire che vantaggio competitivo ha rispetto ad un altro. Perché, alla fine, quando si va ad un colloquio, ci vano le persone che hanno la stessa laurea – e poi, tutti hanno ormai un livello di preparazione alto -, e la differenza, la fanno proprio le soft skills di cui parlavamo prima, l’unicità dell’individuo, il fatto di essere unico, più che quello che lo accomuna agli altri. Sono sicura che a PonteVia!, molti hanno questa unicità e quindi, sinceramente, punterei su quello !

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Per i “curiosi”, ecco il link verso il blog professionale di Antonella Salvatore con tematiche sulla cultura del lavoro :
https://ilblogdiantonellasalvatore.com

 

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