Questo mese, PonteVia! ha incontrato BEATRICE ARGENTIERI, l’Executive Assistant della Business Unit Global Energy Management dell’ex GDF-Suez, diventato Engie in 2015. Ci spiega qual’ è il suo modo di affrontare questa grande trasformazione operata dal numero 1 dei servizi energetici in Italia. Engie, presente in una cinquantina di uffici sul territorio italiano, compresa Roma, si presenta d’ora in poi come “il player mondiale della transizione energetica”. In fase alle problematiche attuali, il Gruppo si è compromesso ad iscrivere “la crescita responsabile nel centro delle proprie attività per affrontare le grandi sfide della transizione energetica verso un’economia a basse emissioni di diossido di carbonio”…

Dal 2008 al 2012 è stata l’assistente del direttore generale di ENGIE Italia (all’epoca GDF-SUEZ Energia Italia) ed attualmente, lei è l’executive assistant della Business Unit Global Energy Management. Quante persone lavorano per ENGIE in tutta italia?

 

Beatrice Argentieri : All’incirca 2000, con 50 sedi (uffici?) in Italia. Le squadre di Engie Italia e di Cofely si sono riunite e lavorano insieme negli stessi uffici, benché siamo due aziende distinte, ognuna con le sue competenze.

Engie è entrata in una fase di cambiamento?

Si, di trasformazione, di grandi trasformazioni !

Dal 2015, c’è un nuovo nome, una nuova identita visiva, e quindi, immaginiamo che ci sono anche dei nuovi progetti, delle nuove ambizioni. Come quella di divenire il nuovo leader mondiale della transizione energetica – in particolare con le energie rinnovabili. Che cosa ha cambiato per lei nel quotidiano?

In ogni trasformazione, bisogna essere flessibili, avere una buona capacità di ascolto ed essere pronti a cambiare. Il personale delle due aziende, l’ex GDF Suez e Cofely, hanno un modo di lavorare diverso. Anche se siamo quasi tutti italiani, abbiamo dei metodi e competenze diversi. Ma siamo tutti impegnati a trovare insieme le soluzioni  più adeguate per i nostri clienti. L’interazione, lo scambio d’informazioni e di savoir-faire tra le equipe è fondamentale ma non sempre ovvio. Quando ci sono dei cambiamenti, le persone hanno paura – è istintivo -, hanno tendenza a chiudersi. Bisogna, al contrario, essere curiosi e prudenti allo stesso tempo… Pensare che la persona nuova con cui lavoro adesso puo’ darmi qualcosa in più. Lo scambio ed il cambiamento arricchiscono tutti ! Ma non è sempre ovvio e non ha niente a che vedere con l’età.

Secondo lei, il fattore de la molticulturalità potrebbe giocare un ruolo nell’apertura, la creatività, la curiosità?

Si ho avuto la fortuna di vivere un’altra realtà in un’altro paese : sono passata dalla scuola europea di Bruxelles ad una scuola religiosa a Roma. Mi rendo conto adesso che avevo già una mentalità molto aperta per l’epoca. I miei genitori hanno vissuto 14 anni in Lussemburgo e poi’ in Belgio come espatriati.

Quali sono le qualità essenziali per portare a termine la sua missione ?

Ci sono delle qualità professionali a della qualità umane. Trovo che la curiosità sia molto importante, perché se una persona è curiosà – nel senso di essere interessato da nuove idee -, è anche in grado di ascoltare gli altri, di essere attento agli altri. Altre due qualità importanti: essere disponibile e sapere essere paziente. La mia funzione richiede disponibilità ma anche assertività, perché a volte i limiti tra le funzioni d’assistente e di segrataria sono molto confusi, sfocati. Quindi tocca inquadrare, mettere dei limiti. Perdonatemi l’espressione, ma non bisogna lasciarsi “mangiare” dagli altri ! Bisogna anche darsi delle priorità. Penso che tutti questi cambiamenti personali e professionali mi hanno anche aiutata a sviluppare un’altra qualità molto importante, cioé la capacità “di fare il ponte” tra l’unità GEM Italy – per la quale lavoro a Roma – e la Business Unit al livello del Gruppo, che hanno i loro uffici fra Parigi e Bruxelles. Cio’ presuppone di essere informato, di sapere dove andare a cercare le informazioni, di avere delle buone relazioni con gli altri, di comprendere le situazioni, ovviamente di sapere parlare lingue straniere e sapere mettere tutto questo insieme ed essere capace di trovare delle soluzioni. Il problem solving è un altro punto di forza da sviluppare.

Che cosa la motiva? Che cosa la appassiona nel suo mestiere? Che cosa le serve di sprone nel suo lavoro?

Possiedo una formazione in lingue moderne: ho lavorato prima come interprete e come traduttrice. Le lingue mi hanno sempre stimolata, questo mi ha permesso di essere in contatto con dei mondi diversi, altra culture. I miei colleghi sono sopratutto francesi, belga neerlandesi e francofoni, ma anche greci, spagnoli, turchi…

In un universo professionale tecnico, come lo è quello di Engie, quali sono le qualità umane che possono fare una differenza ?

La più importante è la flessibilità. Rinoscere quando esiste la necessità di formarsi ed anche autoformarsi. Engie possiede degli attrezzi fantastici, tra l’altro una piattaforma per l’autoformazione on-line. Bisogna essere molto flessibili, sapere adattarsi, rimettersi in discussione. Esiste parecchio “job rotation” all’interno della Business Unit, ma è anche vero all’interno del Gruppo Engie. Poi anche la conoscenza di più lingue, perché permette di comunicare con tutte queste realtà.

Quali sono i profili più ricercati ?

Oggi, ci sono meno oportunità che prima. Nella Business Unit, ricerciamo dei profili molti specializzati per poter accompagnare la trasformazione del Gruppo. Investiamo sopratutto sugli Italiani giovani, dinamici e flessibili perché la trasformazione di Engie passa dal decentramento e dalla localizzazione, quindi si da più importanza al Paese. Ecco perché c’è un numero inferiore di espatriati adesso. Una formazione fatta internamente, con uno o più mentor, è anche prevista, affinché quelli che arrivino possano intergrasi al meglio ed interagire con le altre funzioni. Inoltre, dei francesi giovani vengono periodicamenta a Roma in missione VIE – “volontariato internazionale in azienda” (ecco il link per informarsi https://www.civiweb.com/FR/index.aspx)

Lei ha vissuto e lavorato a Roma – anche se ha passato la sua infanzia all’estero –; qual’è la sua visione del mercato del lavoro a Roma ? Quali sarebbero le sue caratteristiche?

A mio avviso, Roma è una città – per motivi storici e di mentalità – che rappresenta un mondo a parte. Questa città ha avuto una espansione schizofrenica, con dei nuovi quartieri che emergono dapertutto senza uno schema direttivo, senza infrastrutture… Per la vita professionale, bisogna essere molto determinati, non dare niente per scontato, conoscere bene le proprie competenze, fare il coach di se stesso e formarsi se è necessario.

Lei avrebbe dei consigli da dare ai soci di PonteVia ?

Per i liberi professionisti, cercare dei buoni clienti e fidelizzarli. A Roma, il passa parola funziona piuttosto bene…

Il networking ?

Il networking, il passa parola… Per quanto mi riguarda, la mia rete è fatta dalle amiche del liceo o della scuola di interpreti, di persone incontrate quando insegnavo, dai genitori degli amici de miei figli, ecc. Tutte queste relazioni sono state utili. Bisogna utilizzare tutto e non essere timidi ; bisogna sforzarsi un po’ a volte ! Fare del volontariato in un’associazione permette anche di conoscere delle persone, di scambiare delle informazioni… Roma è fatta di molteplici ambienti: quello dei francofoni, quello dei genitori, quello dei Parioli… Roma è fatta di quartieri che non hanno interazione fra di loro, è una città molto chiusa, compartimentata e complicata dal punto di vista della mobilità; passare da un’ambiente all’altro è difficile. Bisogna essere attenti a non chiudersi nel proprio ambiente ! Bisogna essere positivi, pazienti, lavorare sulla propia rete, i propri contatti, i propri progetti, sapendo che è difficile a causa di questi ambienti che non comunicano tra di loro. Poi, bisogna anche sapere che i Romani non sono puntuali, e che non lo sono neanche per il pagamento delle fatture…

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